Castel Ritaldi dista circa 10 Km da Spoleto e altrettanti da Montefalco, Foligno, Bevagna e Trevi ed è idealmente al centro di un'area in cui con un percorso di circa 30 minuti ci si può collegare ad altre città d'arte, quali Assisi, Todi, Norcia. Sorge in cima alla collina di Scigliano, ai piedi dei Monti Martani, ad una altitudine di 350 m e domina un territorio ancora in gran parte agricolo con boschi e suggestivi declivi collinari attraversati da una rete di stradine percorribili a piedi, a cavallo o in bicicletta.
Il centro storico di Castel Ritaldi è cinto dalle mura del Castello del XIII secolo ove merita una visita la Chiesa parrocchiale di Santa Marina, edificata tra il XIV e XV secolo, con all'interno la Madonna col Bambino in una mandorla di Serafini (1508), la Madonna del Soccorso attribuita a Lattanzio di Nicolò di Liberatore detto l'Alunno ed un interessante affresco di Tiberio d'Assisi.
Nella piazza, la Chiesa di San Nicola, con un bel portale del 1486.
Nelle frazioni del comune si scoprono tesori come il possente Castel San Giovanni del XIV secolo quasi totalmente intatto con quattro torri angolari ed il torrione dell'ingresso principale. Il paese antico è tutto dentro alle mura quadrate. Solo dopo la seconda guerra mondiale è stata operata una sconsiderata apertura sul lato est. Le robuste torri-angolari-cilindriche sono ben conservate.
Il Castello è del ’300 ed è il meglio conservato della piana spoletina. Nei secoli XIV e XI fu fortilizio della famiglia Bitonta o Botontei. Sulla grande porta ad arco è uno stemma cinquecentesco papale (chiavi e mitria triregno), con la scritta: "DOM SPOL." (Dominio spoletino). Fino alla seconda guerra mondiale il castello era circondato da un fossato. Sulla porta ci sono evidenti tracce dell’antico ponte levatoio. La porta è affiancata da un’altissima Torre Chiomata ad archetti e con Merli Guelfi.
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Nell’interno, su un rialzo, è la chiesa dedicata al Santo del sec. XIII, più volte rimaneggiata, con una bella porta cinquecentesca e con affreschi di scuola umbra. Il castello appartenne al territorio della Normannia. Nel 1400 fu occupato da Ugolino IX Trinci. Fino al 1474 era di Trevi. Gli spoletini, approfittando della sede vacante, per la morte di Alessandro VI lo fecero prendere dal venturieroSaccoccio il 15 settembre del 1503, dal momento che il castello si era volontariamente sottomesso l’anno precedente. Giulio II Breve lo ridette a Trevi, al quale egli stesso nel 1474 lo aveva donato, quando era legato a Spoleto. Morto il Papa gli spoletini corsero a riprendere San Giovanni. Ci fu battaglia sotto Trevi, fu distrutta la Torre dei Molini e pure questidevastati ma il castello fu tenuto dai trevani. Nel 1520 Leone X dette l’autonomia al castello.
In una parete delle stanze della casa comunale di Castel San Giovanni, troviamo dipinto murale raffigurante: Madonna con il Bambino e santi. Al centro della composizione è raffigurata la Madonna con una grande aureola simile ad un sole che occupa tutta la parte superiore dello sfondo del dipinto. La Madonna è rappresentata nell'atto di sostenere in piedi il Bambino il quale tiene la mano destra alzata in segno di benedizione. Sotto un cherubino ed un paesaggio con un castello di pianura, forse lo stesso castello di san Giovanni. A sinistra la figura intera di san Giovanni Battista, raffigurato vestito in parte con pelliccia e la canna a forma di croce. Dalla parte opposta un santo che tiene in mano un vessillo sorretto anch'esso da una canna. In basso al centro della cornice è tornata alla luce, dopo la pulitura, la data "1653" scritta in nero in caratteri arabi. In alto, visibile anche prima della pulitura, una scritta in nero a caratteri capitali al centro della cornice di difficile comprensione a causa delle numerose cadute di pellicola pittorica. Forse questa scritta conteneva la vera datazione del dipinto mentre l'altra può essere attribuita ad un successivo intervento.
L'immagine è stata dipinta con la tecnica dell'affresco con interventi di rifinitura eseguiti a secco di cui rimanevano purtroppo poche tracce. Stato conservativo La superficie pittorica presentava una diffusa ed omogenea patina bianca dovuta alla presenza di un leggero strato di efflorescenze saline che impediva una buona lettura dell'immagine. Inoltre la reale natura cromatica del dipinto era mutata a causa della presenza di un leggero strato di polvere indurita. I bordi del dipinto, oltre la cornice, non erano ben definiti e nel lato sinistro in basso si apriva una lesione di ampie dimensioni. Schizzi di tinteggiatura erano visibili in vari punti della superficie ed ancor più evidenti le cadute di colore dato a secco. L'integrità del dipinto era minacciata dalla coesione della materia costitutiva e dall'adesione degli strati preparatori al supporto che in varie zone erano completamente distaccati, in particolar modo in corrispondenza del quadro fessurativo.
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Percorrendo la strada per Colle del Marchese si incontra la Pieve di San Gregorio in Nido, edificio romanico sorto intorno al 1141, con splendide decorazioni in bassorilievo sulla facciata e sul portale ad archi incassati, con una ghiera a motivi vegetali intrecciata con figure fantastiche. |
Pieve è la denominazione con cui vengono indicate generalmente delle Chiese antichissime sorte intorno all'anno 1000. Questa sorge poco fuori del centr o abitato in aperta campagna. Presenta i maggiori motivi di interesse nella facciata. Nella parte superiore del portale c'era il rosone attualmente rimurato nel campanile. Al centro del rosone c'era l'Agnus Dei ed intorno la scritta : Animalia sanctorum quattuor hunc agnum clangunt (Gli animali dei quattro santi acclamano questo agnello). Ai lati del rosone i simboli dei quattro evangelisti: il bue simbolo di S. Luca, il leone simbolo di S. Marco:l'aquila simbolo di S. Giovanni e l'angelo di S. Matteo. Entro lunette, due maschere demoniache: a sinistra Pamea, a destra Genofalus Inferus ed ai rispettivi lati due profeti: Geremias e Jezechiel. Il portale è formato da quattro ghiere. Sulla ghiera interna una figura maschile alata. Dal centro si dipartono dei tralci con genietti che addentano le uve, inoltre mostri, leoni, grifoni, pantere e la figura di un cavaliere su di un leone.
Nell'interno della Pieve un piccolo frammento scultoreo murato sulla parete destra con tre volti virili, frammento di un sarcofago del IV secolo e due epigrafi romane: una fa da gradino al fonte battesimale; l'altra fa da mensa all'altare. La Pieve fino al 1818 fu la parrocchia di Castel Ritaldi |
Si giunge quindi a Colle del Marchese dove l'antica e nobile famiglia spoletina Parenzi ebbe vasti possedimenti.
Conserva tutt'oggi notevoli resti di mura e il bastione principale trasformato in torre campanaria, dentro il borgo sorge la Chiesa di San Pancrazio con l’abside pentagonale quattrocentesco. Sulla parete di fondo, Vergine orante, incoronata da due angeli, affresco del XVI sec. del Melanzio. Su una parete esterna una nicchia con busto marmoreo di San Pancrazio del XV sec.
Sempre al Colle del Marchese, leggermente decentrata rispetto al castello si trova la Chiesa della Madonna della Stelletta, al cui interno si conserva un altare su cippo affusolato risalente al VIII – IX sec.
Caratteristica è la sua posizione al culmine di una alta ripa sul ciglio della strada, alla quale è collegata tramite una ripida e suggestiva scalinata. |
Nella frazione di La Bruna sviluppatasi all’incrocio delle principali vie di comunicazione del territorio sorge il Santuario della Madonna della Bruna, gioiello rinascimentale edificato sulla riva del torrente Tatarena, a navata unica a pianta centrale coronata da tre absidi, di inspirazione bramantesca.
Sopra l’altare maggiore è dipinta l’immagine della Madonna della Bruna così chiamata per l’incarnato del volto, affresco attribuito a Tiberio Diotallevi di Assisi. Ai lati dell’altare due stemmi scolpiti, del Comune e quello dei Medici.
Gli affreschi dell'abside sono opera di Pier Matteo Piergili. La leggenda racconta che nel giugno 1706 un gruppo di pellegrini che si recava a Montefalco per venerare la Beata Chiara, sostò all'ombra delle querce secolari in riva al torrente.
Quando si alzarono per riprendere il cammino non riuscirono a risollevare lo stendardo se non dopo aver fatto dipingere sul muro della chiesa l'immagine rappresentata sullo stendardo stesso. |